Intervista a Il Cile Siamo morti a vent’anni tour
Musica per i Borghi, 26 luglio 2013 Papiano di Marsciano, Perugia | Intervista, foto e video di Cemento Armato Live
Il cantautorato italiano ha una nuova star: Il Cile. La consacrazione del trentenne aretino è sbocciata nell’incantevole borgo medievale di Papiano, dove Lorenzo Cilembrini, in arte “Il Cile”, ha coinvolto il pubblico di Musica per i Borghi in un concerto intimo e pungente, ricco di messaggi propositivi verso la nostra società.
Siamo morti a vent’anni tour ha ripercorso le tracce del primo fortunatissimo cd de “Il Cile”, che è salito alla ribalta della musica italiana con “Cemento Armato”, uno dei videoclip più cliccati su youtube (oltre un milione di visualizzazioni, ndr). Dopo essersi aggiudicato il Premio Assomusica 2013 nella categoria “Giovani” e il Premio Sergio Bardotti per il Miglior Testo, tra tutte le canzoni in gara nell’ultimo Festival di Sanremo con il brano Le parole non servono più, Il Cile si è consacrato anche come autore di testi, partecipando attivamente alla composizione di alcuni brani di “Dannato Vivere” dei Negrita (la sua firma è in “Brucerò per te”, ndr). Prima di approdare nel tour, ha aperto i concerti di Jovanotti e Negrita, suscitando una scia di successo che ha confermato le sue enormi potenzialità artistiche.
Alcune foto del concerto de Il Cile a Musica per i Borghi
Intervista a Il Cile: “La musica, la mia necessità…”
La qualità delle tuoi testi viaggia all’unisono con l’emozione che esce dalle tue canzoni… Quando hai cominciato a comporre musica?
“La scintilla con la scrittura è scoccata nell’età adolescenziale per cause ormonali, dovute a situazioni sentimentali. Spesso i giovani sono spinti da moti violenti e depressivi e come gli altri anch’io ho avuto le mie crisi ma, anziché sfogarmi e spaccare tutto (come può succedere a quell’età), ho preso una chitarra. Poi è diventata la “mia droga”. Quando ho capito che creare, cantare qualcosa di mio era una necessità, ho iniziato un percorso dal quale non mi sono mai allontanato. Ho iniziato anch’io sognando il successo, perché è una “molla” determinante e sarei ipocrita se dicessi il contrario però, per quanto sembri un luogo comune, non fa differenza suonare in un club, fra amici o in uno stadio. Nel 2002 ero in una band ed ho avuto la possibilità di fare un tour molto importante. In seguito la band si è sciolta e sono stato 6/7 anni isolato in uno studio senza cantare a nessuno se non a me stesso. Ma avevo bisogno di farlo, la musica è la mia necessità. Poi tornare nei palchi, con il mio pubblico personale, vendere un bel numero di copie è stato il completamento, la spinta ad andare oltre. Ma in questo mestiere, lo vedi anche con i “big”, non si arriva mai”.
C’è qualcuno che ha ispirato il tuo stile?
“C’è un aneddoto, un cortocircuito importante: quando ero bambino ero una furia feroce che rompeva ogni cosa (ride, ndr) e i miei genitori hanno scoperto un trucco per “addomesticarmi”: appena mettevano i dischi dei cantautori italiani io mi bloccavo. Se ascoltavo “La guerra di Piero” piangevo, se ascoltavo Battiato facevo mille domande (perché non capivo i testi) e così per ognuno dei nostri mostri sacri. Poi, avendo i parenti in Inghilterra, andavo spesso lì e mi fermavo a lavorare durante l’estate. Era la fine degli anni ‘90. Oltre manica ho scoperto il Britpop, il Cool Britannia, gli Oasis, i Blur. Quando sono tornato volevo fare quel genere di musica, però se provavo a rifarla in italiano mi tornava in mente tutta la reminiscenza di ciò che ascoltavo da bambino, che ormai avevo nell’inconscio. Così è nato questo stile che sto cercando ogni giorno di perfezionare.”
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Cosa dobbiamo aspettarci dal secondo album?
“Siamo morti a vent’anni è stato un album coraggioso. Con un titolo simile c’era il rischio di essere bollati come icone di negatività. Ma la mia scelta è stata dettata dalla mia terra d’origine, provocante per eccellenza. E noi toscani ridiamo spesso con un briciolo di malinconia. Come dice Caparezza, il secondo album è sempre il più difficile! Ma io sono una persona che si mette molto alla prova. Mi provoco continuamente ed ho anche un bel grado di autoironia. Ispiro molto a diventare come i grandi cantautori ma, ovviamente, se mi paragono a loro mi sento piccolissimo! Devo ancora lasciare il segno (e spero di riuscirci). Comunque la forza dei grandi del passato, soprattutto Rino Gaetano e Fabrizio De Andrè, era la loro autoironia. Non sono mai stati degli Dei in terra ed è proprio grazie a questo loro lato “umano” che sono diventati unici. Io sono molto insicuro, mi faccio mille domande e mi diverto a fare baldoria, ma al tempo stesso ho sempre avuto un lato di malinconia che è emerso, senza nascondersi, in Siamo morti a vent’anni. Nel prossimo album spero di comunicare il mio lato più provocatorio…”
Dalle tue canzoni emerge un’anima prevalentemente sociale, questa sera a Papiano hai cantato un’unica cover. Ed hai scelto Escluso il cane di Rino Gaetano, perché?
“Perché Rino, più di tutti gli altri, dipingeva la società in maniera reale. Ho scelto Escluso il cane perché ha un testo attuale e tremendamente intimo. Quando ho scritto Cemento Armato, mi sono ispirato inizialmente ad una perdita sentimentale ma, mentre stavo avendo questa crisi personale, mi sono orientato verso gli altri e l’ho vista ovunque. La vedevo nelle persone che stavano male alle stazioni, nei miei amici che finivano l’Università con sacrifici enormi per ritrovarsi nel nulla… Ma dopo ogni discesa ritorna la risalita ed io credo molto nei ragazzi. E quando mi fermo a parlare con loro dopo un concerto, sentirmi dire frasi del tipo “con te ho scoperto Rino Gaetano” per me ha un valore indescrivibile. In fin dei conti, come è riuscito a fare Jovanotti, la musica deve essere un mezzo di comunicazione e di aggregazione per i giovani. Quel qualcosa che li porta a voler sognare, ad individuare la propria strada, che non deve essere esageratamente difficile… A volte si può essere felici facendo qualcosa di semplice: anche questo per me è politica…”
Qual è il fil rouge della tua carriera artistica?
“Il fil rouge della mia carriera artistica è sicuramente l’universo dei sentimenti. Esplode tutto da lì dentro e ciò che rimane si lega dentro di me ed esce con le mie canzoni.”
Noi chiudiamo le nostre interviste con un’ultima domanda inerente al futuro, ma mai come in questo caso sembra ricalcarsi addosso a te: dove ti vedi da qui a 20 anni?
“Ti rispondo da toscano… mi vedo Vivo… perché morto lo sono già stato (ride, citando il titolo del suo album SIAMO MORTI A VENT’ANNI, ndr).”
Il Cile – Cemento Armato Live
26 Luglio 2013 Papiano | Musica per i Borghi
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