30 anni di storia, 30 anni di Stadio
Video Intervista a Gaetano Curreri
tributo a Lucio Dalla
SPOLETO al Teatro Nuovo G. Menotti
Intervista a Gaetano Curreri, 30 Anni di Stadio | 9 Dicembre 2012 Spoleto | Fil Rouge Web Tv
Venerdì 9 Novembre, Hotel River Chateau di Roma. Gaetano Curreri ci aspetta in una stanza d’elite, lussuosa ed inebriante come l’accoglienza che ci riserva questo meraviglioso hotel. La nostra prima intervista con la Web Tv di Fil Rouge (canale filrougewebtv di Youtube) coniugata al 30° Anniversario degli Stadio. Potrebbe essere questo il fil rouge che ci lega, ma c’è molto di più. Gaetano Curreri rappresenta un’icona, una forma d’espressione, e le sue canzoni sono una costante nostalgia dei momenti d’intimità che hanno attraversato la nostra storia. La nostra filosofia si sposa con quella degli Stadio: evidenziare il talento, promuovere la cultura attraverso le emozioni. Perciò, quando comincia la nostra intervista, un fuori onda improvviso costruisce quel filo rosso sottile: “Noi non stiamo lavorando, ma conoscendo un altro profumo della nostra passione.”
30 anni di storia, 30 di Stadio. Momenti indelebili di un percorso artistico che ha illuminato il palcoscenico della musica italiana. Influenzati dalla poesia, dalla cultura della canzone, dalla comunicazione dell’anima… Qual è stato il fil rouge che ha legato questa vostra luminosa carriera?
“Il nostro fil rouge è stato senz’altro l’attaccamento e l’amore per la canzone d’autore. Siamo dei musicisti che amano suonare con grande passione e professionalità. Tutti quelli che hanno fatto parte degli Stadio hanno un minimo comune denominatore: talento e passione fuori dal comune. Ricky Portera, il nostro primo chitarrista, aveva delle capacità espressive e doti tecniche sicuramente superiori alla media, poi dal ‘91 è subentrato Andrea Fornili, altro grandissimo musicista e strumentista. La nostra ritmica efficace e dominante è sempre stata opera di Giovanni Pezzoli, storico batterista della band. Fabio Liberatori alle tastiere, poi Marco Nanni al basso ed ora Roberto Drovandi: è da più di 20 anni che suoniamo insieme! Il nostro amore per la canzone d’autore nasce sicuramente dalla nostra appartenenza. Noi siamo nati alla fine degli anni ’70 e siamo figli del filone artistico dei cantautori. Il nostro maestro è stato Lucio Dalla. Grazie a lui abbiamo un nome ed abbiamo avuto la possibilità di essere un gruppo. Lucio è stato un padre di famiglia, ci ha dato la consapevolezza di essere gli Stadio e ci ha fatto capire che insieme avremmo fatto qualcosa di importante. Dalla è stato il primo artista che ha cercato di trasformare la musica italiana, un processo di evoluzione che prevedeva di abbinare testi di grande qualità ad una musica commerciale ed efficace. Venditti poi ha ripercorso le sue tracce, ma entrambi hanno fatto capire al mondo musicale, che la canzone d’autore non poteva rimanere relegata ad un pianoforte o ad una chitarra. Questo Lucio lo costruì proprio con noi e creò appunto gli Stadio. Con Vasco sono amico di infanzia, ci siamo conosciuti quando avevamo 20 anni: abbiamo sognato e nel tempo ci siamo compiaciuti insieme nel veder realizzati i nostri sogni. Poi abbiamo avuto collaborazioni importanti con Guccini, Vecchioni, Ron, Fossati e Carboni (che ha cominciato proprio con noi). Ora il nostro progetto prosegue con Fabrizio Moro, astro nascente della musica italiana. È il cantautore del futuro e con lui stiamo portando avanti una collaborazione molto intensa: il suo modo di esprimersi è legato al progetto chiamato STADIO.”
Con l’avvento del Maestro Santori, che da anni avvicina la musica pop alla classica, quali sono le novità del vostro ultimo album?
“Volevamo colorare la nostra musica con il suono di un’orchestra. Il Maestro Bruno Santori è bravissimo ed è molto oculato e paziente nel trovare l’orchestra giusta da abbinare a noi per realizzare questo progetto ambizioso. La scelta è caduta sulla San Remo Festival Rock. Il loro stile classico, eseguito sempre con grande maestria si è mescolato con un suond sinfonico e di grande qualità. Insieme abbiamo registrato due concerti e non abbiamo fatto fatica a trovare le tracce giuste: buona la prima! C’era talmente tanto materiale che abbiamo pensato di creare un doppio cd, poi in accordo con la casa discografica (EMI), abbiamo realizzato “soltanto” un album live, ma di materiale ce n’è!”
“… Nessuno muore mai completamente, c’è sempre qualche cosa di lui che rimane vivo dentro di noi”, l’ha detto Vasco (dedicandola a Massimo Riva, ndr). Personaggi come Scirea, Facchetti e Pantani, di cui raccontate nelle vostre canzoni, hanno a che vedere con questo concetto?
“Sono assolutamente d’accordo con Vasco, Massimo è vivo ancora dentro di me. Il suo concetto è senz’altro legato al mio modo di vedere l’aldilà. Come diceva Lucio è il secondo tempo di una partita e con le nostre canzoni abbiamo la possibilità di non dimenticare le persone che ci sono state a cuore. In questi anni l’ho fatto con i personaggi che hanno cambiato il mio modo di vedere la vita. Gaetano Scirea mi ha segnato dal punto di vista della personalità: esprimeva una serenità ed una maturità che invidio ancora… Giacinto Facchetti invece era il mio idolo in campo! Quando giocavo da piccolo mi facevo chiamare come lui e cercavo di imitarlo, ma i risultati sono sempre stati pessimi. Marco Pantani è stato uno dei più grandi, un uomo della mia terra che, come noi, ha dato tutto se stesso per la sua passione: lo sport. Poi si è sentito tradito, è stato messo in dubbio e non è più riuscito a scalare quella salita infinita che è la droga. Poco tempo fa ho incontrato un ragazzo che lavora per una cooperativa di tossicodipendenti e mi ha confessato di aver utilizzato la nostra canzone come un esempio da far sentire ai ragazzi per combattere la droga: non bisogna mai sfidarla, se lo fai vince lei! Se ne esce soltanto facendosi aiutare da persone con grandi capacità e di buon cuore, una battaglia che non si può vincere da soli. La morte poi quest’anno ci ha portato via tre amici, pezzi indimenticabili del nostro cuore. Lucio Dalla, Roberto Roversi e Giancarlo Bigazzi. Di Lucio potremmo stare qui a parlare per ore; Roberto Roversi invece è stato un poeta ed autore di splendidi testi. Un uomo fantastico che nonostante l’età di 90 anni era ancora in grado di illuminare il nostro percorso! Giancarlo Bigazzi è l’autore tra l’altro della canzone per Marco (Pantani, ndr). Però “c’è sempre qualcosa di vivo che rimane dentro…”, loro sono con noi sul palco ed ogni volta che suoniamo, ci guardano e ci indicano la strada.”
Gaetano, domanda da discografico: se dovessi far conoscere gli Stadio ad una persona che non l’abbia mai sentiti, quali sono i tre brani che sceglieresti? E Perché?
“Sicuramente sceglierei “Chiedi chi erano i Beatles” perché è una canzone che fa da spartiacque tra i primi Stadio e quelli che hanno consapevolezza di voler essere canzone d’autore. Poi sceglierei “Ballando al buio”, una delle ballate d’amore più belle degli Stadio, una canzone che non può mai mancare in scaletta. Ed infine “I nostri anni”, una visione di noi uomini maturi che guardano al tempo passato, sfiorando il futuro con la consapevolezza che si può far sempre meglio, guardandosi sempre alle spalle, ricordando gli sbagli da evitare per vivere meglio.”
E il momento di spegnere le candeline: qual è il regalo che vorreste ricevere per questo storico anniversario?
“La salute! Soprattutto dopo aver parlato di determinate tematiche (sorride, ndr). Ma, banalità a parte, gli Stadio sono stati pensati per fare musica, siamo stati concepiti per far questo ed ora che abbiamo raggiunto un momento di grande capacità di scrittura, ora che siamo nella maturazione totale, il regalo che vorrei ricevere è uno: continuare ad avere la possibilità di suonare per tanto tempo, sono sicuro che possiamo fare ancora tanta bella musica!”
Spoleto, conosciuta ovunque per il Festival dei due Mondi, sarà teatro del vostro evento. Conoscete già la città? Che tipo di legame c’è tra gli Stadio e l’Umbria?
“Spoleto è una città bellissima, una perla, uno dei quei gioielli che l’Italia custodisce dentro di sé. Ci siamo stati alcune volte per provare, ma non ricordo l’anno con precisione. Il legame con l’Umbria c’è perché Paolo Pezzottoni, il nostro fonico, è vostro conterraneo ed ogni giorno non perde l’occasione per ripeterci che voi siete il Cuore Verde dell’Italia! (ride, ndr). Io e Lucio Dalla poi eravamo grandissimi appassionati di basket e ho sempre ricordato Spoleto per Roberto Brunamonti, uno dei più grandi cestisti italiani di sempre. Andavamo a guardarlo a Rieti, prima che venisse nella squadra “sbagliata” di Bologna. Lucio era un talent scout del basket, quando vedemmo Brunamonti la prima volta predestinò un futuro glorioso per lui e così, come spesso succedeva, le sue previsioni si sono avverate…”
Chiudiamo sempre le nostre interviste con una domanda sul futuro: dove vi vedete da qui a vent’anni? Chissà, qualche gruppo emergente potrebbe cantare …chiedi chi erano gli Stadio!
“Parto dalla fine: a me piacerebbe che cantino “Chiedi chi erano i Beatles”, l’ha fatto anche Gianni Morandi, il Frank Sinatra italiano, e per noi è stato motivo di grande orgoglio! Dove mi vedo? Intanto mi piacerebbe essere in salute per godermi gli ultimi anni di vita, poi mi vedo a scrivere canzoni… all’Isola d’Elba! Scriverei, perché non saprei mai smettere di farlo e scelgo l’Elba perché è un posto meraviglioso, popolato da gente speciale dove amo vivere ogni qualvolta si presenta l’occasione.”
L’intervista sarebbe finita qui, ma nel fuori onda Gaetano ci concede un’ultima emozione e il ricordo di Lucio Dalla riaffiora. Ma ora, quando sale la febbre del cantautore, c’è soltanto un termometro in grado di misurarla: gli Stadio!
“Credo di aver ereditato il suo pensiero, il suo amore per il talento. La cosa che amava di più Lucio era rendere grande una potenzialità; amava farla scoprire anche agli altri ed era appagato davvero quando ciò diventava reale. Lo gratificava.”
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