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“Popolo dell’Umbria, benvenuti a tutti. Benvenuti al concerto degli spiriti liberi, benvenuti al concerto per le teste pensanti, perché controcorrente, perché contro i mezzi di distrazione di massa. Benvenuti al concerto di chi pensa che un governo dovrebbe pensare a governare e non a seguire le troie del capo! Benvenuti nello “stato libero dei Litfiba”… Perché qui, questa sera niente è…. Proibito!!!”
Parole forti, senza censura, parole che invocano il rock. Parole e pensieri proibiti. Dette a polmoni spalancati ed urlate ad un pubblico ristretto, ma legato all’unisono. Un pubblico vivo, trepidante da un’attesa lunga oltre 12 anni e pronto a muoversi, saltare, cantare e volare sulle note della voce inconfondibile di Piero Pelù.
Che non è solo, che ha ritrovato l’alterego musicale, Federico “Ghigo” Renzulli, il braccio armato dei veri Litfiba! Una reunion invocata a lunga la loro, almeno da chi ha la musica nel sangue.
Un sodalizio ritrovato, che non ha scalfito neanche di un po’ quell’alchimia che li legava. Quel connubio magico che li ha fatti entrare nell’hall of fame del rock Made in Italy.
Il look di Pelù è quello di sempre: gilet, borchie, pantaloni e stivali neri. Di Ghigo invece ricordiamo solo la chitarra rossa, come la passione del suo tocco, pulito e trasgressivo. Il resto della band è un mix del passato e del presente. Dal Piero Pelù solista arrivano il bassista Daniele Bagni (nei Litfiba nel periodo tra il 1994 e il 1999) e il tastierista Federico Sagona, mentre dai Litfiba di Ghigo, arriva il batterista Pino Fidanza. Ma si comincia ed è subito “Proibito” : l’adrenalina del PalaEvangelisti si mischia all’ossigeno ed il delirio diventa dominio. Poi “Barcollo”, una delle nuove canzoni, seguita a ruota da pezzi storici come “Resta”, “Paname” e “No frontiere”. Per poi aprire un varco verso Mondi Sommersi con “Sparami”, dove Ghigo riempie l’aria con i suoi assoli di energia. “Apapaia” e “Tex” tengono vivi gli animi del passato, ma la luce si riaccende con “Sole nero” e “Fata Morgana”, dove la magia lascia spazio alla ribellione. “Lousiana”, “Soldi” e “Gioconda” scuotono il Palaevangelisti per quello che verrà: “Ritmo”, “Ora d’aria” e “Sotto il vulcano”! L’epilogo per un gran finale sotto il segno di “Dimmi il nome”, “El Diablo” e “Corri”. Non c’è tregua e non c’è sosta, solo voglia di andare contro tutti e tutto, come quando su “El Diablo”, Pelù si scaglia pure contro il Vaticano, sostituendo il numero diabolico con il nome. Un estremismo esoterico, anarchico, che lo porterà ad invocare “Spirito” nel bis…
Sì, si ha proprio questa sensazione. Quella di volare liberi su quest’onda anomala, di viaggiare senza meta, ma di farlo bene, con gusto. Di realizzare i ricordi messi da parte, quelli da souvenir. Una valigia di aspettative finite dietro una strada che non finisce: quella di “Lacio Drom”.
È il preludio al gran finale e mentre la nostalgia avanza anche su chi era lì solo per curiosità, Piero Pelù si toglie il gilet e rimane a dorso nudo, cercando di trovare nella pelle l’energia per l’ultimo pezzo “Cangaceiro”.
Se la terra è tonda e se il mare è blu \ da che mondo è mondo il forte vince e non sei tu \ viva Cangaceiro viva Cangaceiro
Il bandito senza regole della canzone, ricorda che nello stato libero dei Litfiba nulla è proibito e tra lo stupore di un pubblico sempre più delirante, il cantante realizza uno splendido crowd surfing, lanciandosi in volo sul pubblico. Dopodiché nessuno è sembrato più quello di prima, né lui, né chi lo portava in alto, né noi che lo stavamo a guardare. Il concerto è finito così, proprio come era iniziato: ritmo, evasione e viaggio.
Come quello di Ghigo e Piero, oltre le frontiere di antichi rancori, oltre il destino delle loro canzoni. Ben tornati Litfiba![nggallery id=63]
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