La Realtà Virtuale (RV) è il nucleo centrale di una delle pietre miliari della cinematografia dei nostri giorni: The Matrix, capolavoro fantascientifico del 1999 scritto e diretto dai fratelli Wachowski. Se andiamo oltre le immagini, e ci soffermiamo a ragionare su cosa è Matrix, ci accorgeremo che c’è dentro tutta la filosofia occidentale, da Platone ai giorni nostri. La frase centrale del film [Neo: «Questo non è reale!»; Morpheus: «Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello!»] tocca i più grandi filosofi e pensatori di ogni tempo: Platone, Cartesio, Leibniz, Kant, solo per citarne alcuni, fino ad arrivare alla monumentale sintesi cosmica dello scienziato bergamasco Marco Todeschini con la sua Teoria delle apparenze del ‘49. Si tratta allora di tracciare, grazie alla metafora di Matrix (e del “cervello nella vasca”, come vedremo in seguito), ogni nodo cruciale che si presenta durante l’indagine intorno al concetto di realtà, di virtualità, di realtà virtuale.

Che rapporto esiste tra la nostra percezione del mondo e il mondo stesso? Un ben noto esperimento mentale cerca di esplorare questa impervia strada, quello del “cervello nella vasca”: un cervello che non ha un corpo e non ha effettivamente nessun rapporto con il mondo fisico. In che termini si pone il problema della connessione alla realtà? In che misura le nostre percezioni sono legate al noumeno di kantiana memoria, alla realtà oggettiva esterna alla nostra coscienza? Nel 1922 viene rappresentata l’opera Locus Solus di Raymond Roussel iniziata nel 1914. In essa il cervello di Danton, immerso in una vasca di liquido fisiologico, è in grado di parlare ma non di interagire con il mondo circostante. L’immagine del “cervello nella vasca” è stata poi ripresa più volte, soprattutto da H. Putnam (Ragione, verità e storia, Il saggiatore, Milano 1985), testo che contiene il saggio “Cervelli nella vasca”, (edizione originale 1981). Stuart Russell e Peter Norvig in Intelligenza Artificiale. Un approccio moderno, Utet Libreria, Torino 1998 (ed. orig. 1995), a p. 887 scrivono: «Considerate uno degli strumenti preferiti dai filosofi: quello del cervello nella vasca. Immaginate che il vostro cervello sia stato rimosso alla nascita dal vostro corpo e sia stato posto in una sofisticatissima vasca. La vasca nutre il vostro cervello, consentendogli di crescere e di svilupparsi. Allo stesso tempo, segnali elettronici vengono inviati al cervello da una simulazione computerizzata di un mondo completamente immaginario, mentre i segnali motori provenienti dal cervello vengono intercettati e usati per modificare la simulazione in modo opportuno. Il cervello nella vasca è stato evocato in molte circostanze per risolvere questioni filosofiche». Questa è la densa tematica che ha ispirato i registi di Matrix. In Matrix vediamo Morpheus, uno delle poche migliaia di soggetti che sono riusciti a svincolarsi dal giogo di Matrix, il sistema di controllo cerebrale che imprigiona gli individui (un sistema di impulsi elettrici inviati al cervello umano, che creano l’illusione di vivere in un mondo che, ormai, non esiste più da centinaia di anni: Matrix è infatti un sistema informatico di controllo e di assorbimento delle menti umane, delle quali si nutre, dando loro in cambio degli impulsi di realtà), “risvegliare” Neo dalla condizione di larva in cui le sensazioni erano solamente proiettate nella sua mente, convincendolo ad uscire da Matrix e ad essere riportato nella vera realtà. Qui, nel mondo reale, Neo scopre che l’uomo è letteralmente “coltivato” dalle macchine. All’interno di Matrix la gente vive senza accorgersi minimamente della propria condizione di schiavitù. Soltanto pochissime persone si rendono conto che “qualcosa non va”, percependo una sensazione di stranezza ed estraneità che non riescono a descrivere.

Matrix ci pone degli interrogativi filosofici “nucleari”. La sua trama sarebbe sufficiente per un intero corso tematico di filosofia. D’altra parte ci sono fittissime connessioni con la scienza, dalla neurofisiologia del corpo umano alle moderne tecnologie di realtà virtuale. Chi scrive ha effettuato studi e ricerche su un fertile e futuristico settore della RV: l’olofonia. Oggi sappiamo che la cosiddetta spazializzazione del suono, ossia la capacità di percepire la direzione spaziale (nelle tre dimensioni) del suono da parte del cervello, è dovuta ad una mirabile tecnologia di RV che la natura ha impiantato nel sistema umano di audizione. Un’ottima “scintilla” per una riflessione scientifico-filosofica al riguardo è la seguente: il sistema dell’orecchio medio, ossia del timpano insieme ai tre ossicini (martello, incudine e staffa articolati tra di loro), è monodimensionale… la vibrazione sonora scorre attraverso di essi come attraverso un filo. Come facciamo allora ad avvertire la direzione (a simmetria sferica) del suono che proviene dall’esterno? Ecco una bella domanda. La risposta è altrettanto affascinante, ma non è possibile delinearla in questo spazio limitato. Possiamo però evidenziare che, grazie alle tecniche olofoniche, oggi possiamo avvertire la spazialità sonora anche attraverso una semplice cuffia. Possiamo, dunque, crearla.

La RV vista da questa prospettiva, ci ricorda il film Il tagliaerbe di Brett Leonard, dove si descrive un meccanismo composto di una tuta con sensori ricetrasmettenti collegati a terminazioni nervose sull’intero corpo. Qui è interessante l’interazione uomo-computer. Come non trovare connessioni poi tra organi di senso e realtà virtuale? Una bella pagina dello scienziato Marco Todeschini, ci fa capire come addirittura l’intera scienza abbia le radici intessute nella nostra tematica, lasciando nei nostri spiriti una melodia di interrogativi filosofici e scientifici:

«Mi balenò allora nella mente quanto fosse stata significativa la frase di Leonardo da Vinci, che: «Li nervi sono li cavallari dell’anima», e come fosse andato vicino al vero il grande Cartesio nel ritenere che essi subiscono sollecitazioni meccaniche per risvegliare nell’anima le sensazioni.  Scoprii allora che abbiamo ideate tante scienze differenti quanti sono i nostri organi di senso.  Così è sorta l’acustica, perché abbiamo l’udito, con la membrana del timpano che vibra allorché su di essa vengono ad infrangersi onde atmosferiche silenti, a bassa frequenza… E’ sorta l’ottica perché abbiamo l’organo della vista… E’ sorta la termodinamica, perché abbiamo dei corpuscoli di Krauser… E’ sorta l’elettrotecnica, perché abbiamo i corpuscoli di Dogiel nell’epidermide… E’ sorta la dinamica, perché abbiamo organi di tatto (corpuscoli di Pacini)…» (Psicobiofisica, Torino 1978, pp. 308-309).

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