Finalmente le stampanti 3D, già rivoluzionarie e super-tecnologiche, acquistano occhi e cervello, per correggere gli errori di stampa in tempo reale e prevedere i difetti dei materiali più difficili.

Diventa così possibile realizzare su scala industriale oggetti mai stampati prima.

Ormai la strada è aperta ad una vera e propria rivoluzione per la produzione di moltissimi oggetti di uso comune che vanno dai dispositivi medici alle componenti per auto.

Parte tutto dall’idea di una start-up italo-americana (ebbene sì!).

Inkbit, nasce al Massachusetts Institute of Technology (Mit) ed è guidata da un ingegnere italiano, Davide Marini, arrivato a Boston vent’anni fa dopo dopo aver conseguito la laurea al Politecnico di Milano.

Dotata di 16 testine di stampa per realizzare oggetti utilizzando più materiali, la nuova stampante 3D, ogni anno è in grado di produrre centinaia di migliaia di oggetti grandi quanto un pugno, mentre i numeri calano per oggetti di dimensioni maggiori.

La sua novità principale sono gli ‘occhi‘ con cui osserva minuziosamente gli strati di materiale applicati durante la stampa. Inoltre, corregge eventuali errori o imperfezioni in tempo reale.  Questo grazie ad un particolare sistema per la tomografia ottica computerizzata, simile a quella usata dagli oculisti per esaminare gli occhi dei pazienti ma 100 volte più veloce.

Sappiamo tutti che i vantaggi della stampa 3D sono enormi, ma spesso la gente ha problemi nell’utilizzarla: la tecnologia non è ancora al punto giusto“, spiega Marini. “La nostra macchina è la prima che può apprendere le proprietà di un materiale e prevedere il suo comportamento. Credo che sarà una svolta, perché permetterà a chiunque di passare rapidamente dall’idea alla realizzazione di un prodotto utilizzabile. Apre nuove opportunità di business per chiunque“.

 

 

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