Il futuro delle etichette Rfid sarà probabilmente senza chip. Lo evidenzia una ricerca della società Research and Markets che ha letto il decennio del settore, prevedendo che la tendenza prosegua nei prossimi anni. Se nel 2006 la quota delle etichette senza chip era ferma a un misero 0,4 per cento, nel 2016 eravamo arrivati al 45 per cento, quasi una ogni due.

Ma come funzionano questo tipo di etichette? Al loro interno non hanno il classico microchip in silicio, ma riflettono una fetta delle onde radio. Il lettore, il ricevente, le può leggere e di conseguenza identificare l’oggetto. Possono arrivare fino a dieci metri di distanza per la lettura e archiviare una gran mole di dati, fino a 256 bit. Non avendo silicio al loro interno, queste etichette hanno un altro enorme vantaggio: sono flessibili, possono resistere a maggiori sollecitazioni rispetto alla normalità.

Mancando il silicio, viene a diminuire anche il costo. Senza chip, i tag possono venire a costare dieci volte di meno delle etichette tradizionali. In futuro, aumenteranno il numero di applicazioni grazie alle novità sui transistor su cui si basano i label privi di chip polimerici trasparenti da stampare direttamente sul prodotto da taggare.

Un tag Rfid è dunque in grado di ricevere e trasmettere, via radiofrequenza, le informazioni anche senza avere i chip. Una decisa evoluzione. La domanda è: se in pochi anni si è arrivati a sfruttare così tanto questa nuova tecnologia, in futuro cosa accadrà? Quali nuove invenzioni modificheranno ulteriormente il mondo delle etichette?

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