Ho accettato ben volentieri di trattare l’argomento propostomi, dopo aver fatto un “salto” su internet ed aver verificato che le cose che sto per dire non siano state già dette da qualcun altro. Lì si parla di colori in senso strettamente tecnico, o medico, noi lo faremo dando all’argomento un taglio più umano e pratico, anche se rigorosamente scientifico, aggiungendo una parte esperienziale che renderà utile spero, questo intervento per tutti i lettori. Per parlare di colore intanto dovremmo stabilire se prendere in considerazione la sintesi additiva, cioè quella che riguarda le fonti di luce colorata (se sono raggi si sovrappongono oppure pixel si accostano) che dà origine alla percezione dell’immagine con tutte le sue sfumature cromatiche. In questo caso i colori primari sono il rosso(rosso-arancio) il verde e il blu (blu viola); la somma dei tre primari miscelati in percentuali uguali darà il colore bianco.  Oppure la sintesi sottrattiva, riguarda invece il raggio della luce che colpisce un oggetto; questo è formato, verniciato, o rivestito da pigmenti in grado di assorbirne tutti i colori, meno uno che viene riflesso ed è proprio quello che vede l’occhio umano; attraverso degli impulsi nervosi lo trasmette al cervello, che lo percepisce. In questaltro caso la somma dei primari darà il colore grigio.  Perchè quando dico “blu” alcuni intendono il blu ciano, cioè uno dei colori primari nella sintesi sottrattiva, altri invece il blu-viola che è uno dei primari nella sintesi additiva.

Ma certo che i due “blu” si somigliano solo vagamente e non possono essere usati indistintamente in cromoterapia per esempio, dove l’attento utilizzo del colore e degli accostamenti cromatici serve magari alla distensione e al relax del fruitore che aimè potrebbe ricevere un “trattamento” diverso da quello desiderato. Bene, noi sappiamo per esempio che per ottenere il blu ciano nel caso proprio di trattamenti terapeutici effettuati con lampade colorate, dobbiamo usare il blu-viola e il verde in percentuale del 50%, ottenendo così da due colori primari un secondario della sintesi additiva, che risulta poi essere un colore primario della sintesi sottrattiva (e finalmente il nostro fruitore trarrà veramente beneficio dal trattamento cromatico). Dobbiamo poi prendere in considerazione la percezione del colore poichè una persona normodotata vedrà il colore in un modo, l’ipovedente in unaltro, e il non vedente in unaltro ancora (non ho sbagliato a scrivere, seguitemi). Voglio ricollegarmi all’esperienza di ricerca sulle problematiche delle disabilità che si sta sperimentando all’Istituto d’Istruzione Superiore “Marco Polo” di S. Maria degli Angeli (IPIA-ITI-IPSCT) dove alcuni anni fa, in vista di un’applicazione nelle trasmissioni a raggi infrarossi, studiavamo l’emissione di energia, per cui di elettromagnetismo del colore: ogni colore in realtà emette delle onde elettromagnetiche di diversa lunghezza rispetto agli altri. Applicando questo principio ad un bastone fornito di un “lettore” che riconosce varie frequenze, cioè vari colori, e tracciando in terra vari percorsi con altrttanti colori, siamo riusciti a far percorrere ad una persona non vedente una serie di  tragitti in un ambiente a lei sconosciuto (sistema applicabile per esempio nei pubblici uffici). Ancora nello stesso istituto, nel lavoro di ricerca e sperimentazione di oggetti fruibili indistintamente da persone normodotate e disabili, attraverso il progetto “Tecnologie a servizio dell’uomo” è stato preso in esame un piccolo elettrodomestico, nella fattispecie un aspirapolvere, inutilizzabile da persone ipovedenti visto che il “corpo” dell’oggetto è di colore scuro blu-viola e i pulsanti di comando grigi. Fu uno studente a trovare la soluzione dopo aver acquisito la teoria del colore: rendere il tutto più visibile attraverso l’uso dei contrasti prodotti dai colori complementari. Così alla ditta costruttrice è stato indicato di cambiare il colore dei pulsanti grigi e di realizzarne uno arancione e l’altro giallo. Il risultato? Eccellente! ovviamente. Ora vorrei farvi partecipi di un’esperienza unica al mondo, che riguarda la subacquea per pluriminorati gravissimi.

Siamo negli anni scolastici 2005-2007 alla scuola speciale per ciechi pluriminorati di Assisi e mi erano state assegnate alcune ore d’insegnamento in quella realtà che per me vale un corso d’aggiornamento per insegnanti; in sostanza: in altre scuole insegno, in quella imparo. Stavo giusto pensando delle “strategie” da mettere in atto per trasmettere “qulcosa” a quei ragazzi che spesso superata la maggiore età sono ancora iscritti alle scuole medie e che non sono certo in grado di fare calcoli matematici o ragionare su degli argomenti artistici o di religione. Serve innanzi tutto il contatto umano, fisico, per poi trasmettere delle emozioni, delle sensazioni attraverso le quali si stabilisce un dialogo molto spesso fatto di silenzi, di ascolto interiore, a volte di strette di mano o di abbracci e che porta poi, in fondo, alla crescita di tutti. Dunque: un giorno ero sceso in piscina (la scuola è situata all’interno dell’Istituto Serafico di Assisi ed usa quelle strutture) per fare attività natatoria insieme ad alcuni alunni quando, sul bordo della stessa, scorgo la fisionomia di un giovane che mi rimaneva familiare; era proprio Daniele, uno studente che avevo avuto a scuola agli inizi degli anni novanta all’Istituto per Geometri di Assisi che intanto, dopo l’ISEF lavorava come istruttore di nuoto al “Serafico”. Avete presente la scena in cui due vecchi amici che si ritrovano dopo qualche anno? Così decidemmo di fare qualcosa insieme. Per me, che avevo già acquisito il nono brevetto di subacquea (divemaster), ma non avevo mai pensato di organizzare corsi in questa disciplina sportiva, era arrivato il momento di mettere a frutto tutti quegli studi e l’esperienza di anni d’immersioni. Ne parlai immediatamente col preside Giovanfrancesco Sculco che, da quel momento, diventò il motore di quella “macchina” che stavamo mettendo in moto e disse: “L’osservazione dei comportamenti dei pluriminorati gravi in situazioni anomale, da modo di ampliare lo studio e la conoscenza del fenomeno handicap che potrebbe rivelare nuove vie metodologiche per intervenire sulla modifica positiva di comportamenti inadeguati”… “Se tale sperimentazione facesse emergere dati positivi, si arricchirebbe la metodologia e la didattica differenziata con ricadute positive per tutti gli alunni disabili gravi”.

Ottenemmo l’approvazione e l’intervento del Ministero dell’Istruzione (M.I.U.R.), l’apporto tecnico di Vittorio Bianchini, istruttore in alcuni corsi per la N.A.S.A. (l’ente aerospaziale americano) e tutte le attrezzature necessarie da Blu Sport di Perugia. Stabilito di lavorare sulla percezione del colore e composto un gruppo specifico di sei alunni, potevamo iniziare a lavorare in quel mare di emozioni che era la nostra piscina. Ora non mi dilungherò oltre, ma per capire quanto sia importante conoscere il mondo del colore e delle sue applicazioni devo parlarvi dell’esperienza di “Francesco” uno dei sei componenti che vive in carrozzina e fra le altre disfunzioni ha un ritardo intellettivo medio grave da sindrome malformativa complessa della linea mediana con tetraparesi spastico – distomica e non riesce a tenere alta la testa oltre i 4-5 secondi. In questo caso risultava praticamente impossibile proporre delle immagini o delle sequenze logiche, anche in presenza di un piano d’appoggio quale il banco scolastico, per quanto particolare in se stesso. Ecco allora che dopo alcune prove di acquaticità e verificata la possibilità di respirare con una maschera particolare chiamata granfacciale, abbiamo “imbracato” Francesco con l’attrezzatura subacquea appena indispensabile ed è cominciata l’immersione forse più bella della mia vita: diciotto minuti a un metro e mezzo di profondità con altri cinque subacquei: fra questi un istruttore, altri due divemaster (i miei due figli Simone e Francesco) e Francesco che è riuscito così a provare l’emozione di guardare sott’acqua, di esplorare il fondale allestito all’uopo con svariati oggetti e diverse composizioni cromatiche riproducenti contrasti e accordi armonici prima visti soltanto di sfuggita al di fuori e in altro ambiente (ad esempio il cilindro di plastica con un peso e una bolla d’aria al suo interno che fuori dall’acqua cade facilmente, mentre in acqua si muove, ma rimane sempre diritto), vari modelli di pesci in gomma, in assenza di gravità e un silenzio assoluto, rotto soltanto dal rumore del suo respiro che azionava l’erogatore d’aria. Francesco ha veduto e osservato quegli oggetti colorati come non aveva mai fatto prima, ha provato delle emozioni impensabili e forse irripetibili, grazie all’utilizzo di semplici cilindri e cerchi posizionari con una voluta logica di osservazione. E Francesco ha capito la differenza fra accordi armonici e contrasti di colore… me lha detto lui… con il suo largo sorriso.

di Franco Pasqualoni – franco.pasqualoni@iscrizione.it

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