Se un giorno mio figlio mi dicesse… “Mamma voglio fare il corridore”, credo che gli risponderei .. “Ok, ti iscriverò in una società di atletica” o forse ci penserei un attimo e gli racconterei una storia…

La protagonista di questa storia si chiama Abebech e oggi ha 18 anni. È una ragazza minuta, timida e gentile che si vergogna di fronte alla gente che gli fa delle domande. Quando scende in pista però, Abebech non ha paura di nessuno, corre, veloce come il vento e nessuno può fermarla. La sua avventura inizia nel 2003 ad Addis Abeba, in Etiopia.

Ad Agosto Abebech si trovava davanti alla televisione a vedere il trionfo ai mondiali di atletica di Parigi  di Tirunesh Dibaba, campionessa nei 5000 metri, a soli 18 anni, la più giovane a vincere una medaglia d’oro nella storia dell’ atletica leggera. Abebech, da casa sua la guardava con ammirazione e orgoglio e da quel momento decise di correre.

All’inizio era solo un divertimento, Abebech correva in un immenso spazio chiamato “campo dell’imperatore” dove fino al 1974 si celebravano le manifestazioni in onore di Haile Selassie mentre oggi si svolgono le corse dei cavalli. Giorno dopo giorno Abebech diventava sempre più veloce e resistente, finché non decise di partecipare ad una gara organizzata da Alfa Enginering. Arrivò terza e finalmente anche gli altri si accorsero del suo talento. Ashley Tura, prima medaglia in assoluto dell’Etiopia, vinta alle olimpiadi di Mosca del 1980, ora allenatore di indiscussa fama dell’Alfa Club, la vide e la volle nel suo gruppo di allenamento.

Abebech cominciava  a  rendersi conto del suo talento, ma quando entusiasta lo comunicò a casa, la risposta non fu altrettanto gioviale: i genitori non le risposero come avrei fatto io, ma le fecero lasciare gli studi per andare a lavorare come parcheggiatrice e così mantenersi da sola, non ancora maggiorenne. Abebech decise che valeva la pena e continuò a correre, nei pochi momenti liberi della sua giornata lavorativa.

Oggi correre è il suo lavoro e lo fa molto bene. Nelle competizioni a cui ha partecipato, ha ottenuto dei risultati sorprendenti, in Italia ha vinto 2 gare su 4, ma certo in pista non è come correre in Etiopia al “campo dell’Imperatore” dove corri e davanti hai solo l’orizzonte e dove non c’è il caldo soffocante dell’Italia. Se qualcuno gli chiede “Quali sono i tuoi progetti per il futuro” lei risponde sempre “Il futuro è nelle mani di Dio”, perché più di ogni altro sa che niente è scontato.

Abebech ora ce l’ha fatta, ha avuto fortuna, ma soprattutto ha combattuto per qualcosa che in Etiopia significa riscatto, significa avere la possibilità di emergere da una realtà ancora difficile e da un futuro tutt’altro che roseo.

Se mio figlio mi chiedesse di correre gli direi di sì, ma lo farei riflettere e pensare che non è così scontato come sembra… correre, non per tutti, che se per noi può essere solo uno sport per qualcun altro non troppo lontano da noi significa tutta la vita.

 

 
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