Le corde dell’arpa della giovane e talentuosa Cecilia Lasagno, cui spettava il compito di aprire la serata, hanno smesso di vibrare ormai da diversi minuti… il pubblico freme!

Ed ecco l’inconfondibile sagoma di ricci ribelli far finalmente capolino da dietro il palco, e riuscire da sola a farsi immediatamente perdonare quel po’ di ritardo. È lui, Niccolò Fabi, umanità e dolcezza allo stato puro, pronto a regalarci un serata di musica e parole straordinarie.

La cornice è quella giusta. Villa Fidelia brilla di luce propria, come sempre e più di sempre, grazie ai ragazzi di Utopia2000. Anche il temporale si fa da parte, per non disturbare. L’atmosfera è intima, di quelle che chi segue il cantautore romano ormai da anni, come me, conosce bene e sembra adattarsi a lui come un vestito cucito su misura.

Un contesto discreto che è quasi un ritorno dopo la recentissima conclusione del fortunato, ma senza dubbio più caotico e festoso tour in compagnia di Max Gazzè e Daniele Silvestri. E seppur orfano della sua “band del Grande Raccordo Anulare”, come li definisce scherzando col pubblico, ci regala comunque, in chiave “solitaria”, alcuni successi de “Il padrone della festa”. Brani che ripercorrono anni di carriera ed un tributo conclusivo ad Ivano Fossati con “Lindbergh”: questo è quello che Niccolò Fabi condivide con chi ha la fortuna di esserci.

Magia di testi che i suoi fan conoscono bene, e che rivivono anche grazie alla presenza dello GnuQuartet: una collaborazione diventata tournée, dopo anni di contatti estemporanei. Stefano Cabrera (violoncello), Roberto Izzo (violino), Raffaele Rebaudengo (viola) e Francesca Rapetti (flauto traverso) incantano e coinvolgono. C’è alchimia. C’è empatia. Il risultato è commovente.

Una sorta di generosità è radicata nel modo di cantare di Fabi. Il pubblico lo sente e partecipa. E’ uno di loro Niccolò, uno di noi. Uno che non ha nulla a che vedere con il mito, la star; uno che sembra quasi non essersi ancora abituato ai complimenti che ad ogni pausa, tra un brano e l’altro, partono dalla platea.

È la quarta partecipazione di Fabi alle Notti dell’Utopia, la prima a Spello. E di utopia come traguardo, opportunità, come speranza, parla alla gente che incantata lo ascolta. Non parla molto, ma parla bene. È un “giusto”, senza eccessi, senza protagonismi, uno spesso opportuno e mai superfluo.

Un piccolo gruppetto di persone si alza dalle sedie e si accomoda sul prato, a pochi metri da lui. Un punto di vista e d’ascolto privilegiato, che anche io mi concedo. Tutto è familiare, caldo. Prima l’uomo, poi l’artista: questo è e questo piace.

Il grazie è d’obbligo, da parte di tutti i cuori ancora piacevolmente scossi dal suo “Essere speciale”.

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