Una critica serrata, due ore intense in cui viene messo sotto accusa l’attuale sistema d’informazione. Tutto il pensiero del grande Oliviero Toscani ruota intorno alla «mediocrizzazione dell’informazione televisiva» , un sistema che è appositamente creato per non raccontare, per non dire, anteponendo alle notizie le qualità fisiche ed estetiche delle annunciatrici «che impiegano più tempo a truccarsi che a preparare i servizi e che alla fine sono tutte uguali». L’attenzione poi si sposta sui quotidiani «quelli “impegnati”, che si vantano di essere obiettivi». Per gli appartenenti a questa categoria il suo giudizio è ancora più duro. Secondo il fotografo un giornale deve schierarsi, apertamente, non deve avere come primario il fine commerciale, non deve interessarsi alla “vendibilità” ma deve basarsi sulla forza delle idee, dei contenuti e quindi sulla personalità di chi scrive e trarre da questo la propria credibilità. I giornali «devono essere soggettivi», devono essere rivolti ad un pubblico già consapevole di andare a leggere qualcosa che probabilmente non sarà in linea con le singole idee, e proprio per questo sarà interessante. È il gusto della scoperta che pervade il pensiero di Toscani, il gusto del confronto con visioni diverse dalle sue. Egli vorrebbe non leggere i suoi pensieri, quelli li conosce già, è interessato alle convinzioni di altri, dei suoi opposti, ed è proprio questo che a suo avviso conduce ad una vera informazione. A questo proposito porta ad esempio l’immagine dell’Italia. «È  solo dai giornali stranieri che riusciamo a comprendere le realtà che descrivono i nostri affari e il nostro paese» perché, come spesso avviene, quello che si dice da noi del nostro paese è esattamente il contrario di quello che si racconta fuori dai confini.

Il discorso prosegue con la presentazione e la spiegazione della sua rivista, Colors, incentrata sul rapporto tra scrittura e immagine. I suoi scatti (e quelli dei suoi collaboratori, ndr) sono molto più eloquenti e pregni di significato di qualsiasi articolo o testo. Ci sono delle didascalie, ma è l’immagine che parla, che racconta, che suggerisce. Toscani non concepisce un’informazione che affida all’immagine il compito  di descrivere l’ovvietà che ognuno di noi è in grado di comprendere da un testo. Per lui l’immagine ha un compito ben più complesso, un compito primario: quello di dare ad ognuno la possibilità di immaginare, di pensare, di «farsi il proprio articolo da solo» e di ricavare individualmente le proprie conclusioni.

Colors è il frutto delle riflessioni sui temi più comuni come la religione, la ricchezza, il sesso, l’aids, la guerra, la morte e molto altro. La novità sta però nel modo di comunicare e di articolare i messaggi, tutto raccontato attraverso fotogrammi: con la loro immediatezza ma allo stesso tempo con la loro profondità. Il motivo per il quale Toscani ha affidato alle immagini un compito comunicativo così importante, sta nella volontà di voler affidare all’interpretazione soggettiva  il compito di ricavare personali conclusioni e riflessioni «perché la nostra immaginazione è più forte e coinvolgente di qualsiasi altro tipo di rappresentazione» e poi «perché è la nostra immaginazione che rende  il libro sempre migliore del film». Il suo obiettivo è quello di trasmettere una visione del mondo emotivamente forte, scioccante, cruda, ma che passa per i nostri occhi, per il nostro cuore e per il nostro cervello. Perché solo così noi abbiamo visto.

Galleria Fotografica di Elisa Cirilli

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