Sembra quasi un’intervista al contrario: infatti, è Bianchi a fare la prima domanda:

Bianchi: Inizio con l’implorarvi di non chiederci com’è Rossella Brescia dal vivo, perché é in assoluto la domanda più gettonata e non ne possiamo più di rispondere. In precedenza ci avevate visto su Youtube o in TV?!
Beh, vi avevamo visto in TV, con Neurovisione…
B: Ah, bene! Sapete, con Youtube si perde un po’ la visione globale della nostra comicità. Poiché il bello di Neurovisione non è solo vedere gli sketch, ma anche i loro collegamenti… Il senso di continuità è un valore cui sono molto affezionato.
Se non vi dispiace, riprendiamo noi le redini dell’intervista. Quali sono gli ingredienti segreti del vostro spettacolo?
B: L’essere interattivi col pubblico, senza dubbio. Poi abbiamo anche un’omogeneità che…
Pulci: I dettagli! Nulla è lasciato al caso! Tutto ciò che avete visto è stato curato fin nei minimi particolari, attraverso ore e ore di prove.
B: Spero che tu mi abbia interrotto per una giusta causa! (ride, ndr)
P: Sì, perché ci tenevo a dire che noi non siamo simpatici, né comici… Nasciamo come attori! È questo il nostro segreto. Anche se poi ora ci troviamo in uno stato di “pre-pizzeria” anziché essere dei “capitavola”, come dei nostri colleghi, che anche nella vita sono dei barzellettai… Noi veniamo dalla scuola del Teatro Stabile e Neurovisione ci ha consentito di dare libero sfogo alla nostra arte, attraverso l’interpretazione di molti differenti personaggi.
B: Il mestiere dell’attore, infatti, è quello di dare vita a delle personalità, attraverso lo strumento complesso della maschera semplice.
Parliamo di cinema. Sappiamo che siete già approdati a questo mondo…
B: Esatto! Il nostro debutto è stato con “Come se fosse amore”, primo ed ultimo film dei Cavalli Marci, nel quale Michelangelo faceva il protagonista ed io interpretavo uno dei cattivi. Abbiamo anche recitato in parti minori, come nel film di prossima uscita nelle sale “Oggetti smarriti”: noi avevamo il ruolo di narratori surreali.
Siete quindi proiettati verso il mondo del cinema! Oppure avete altri obiettivi?
P: Assolutamente! Fare un film tutto nostro al cinema è il nostro obiettivo finale!
B: Però ci sono due strade per arrivarci. La prima è quella della “festa romana”, vale a dire del rischio, dove serve anche una sorta di fortuna sfacciata. La seconda, quella che noi preferiamo, è quella dove ti si costruisce addosso un edificio inevitabile, quello del dover per forza fare un film, con la gente che deve per forza venirti a vedere! Per far sì che accada questo, l’unica cosa da fare è: recitare, recitare, recitare.
P: L’attesa è positiva: non vogliamo fare un film “né carne, né pesce”. Vogliamo dedicarci a quello che sappiamo fare il più possibile, ed il meglio possibile. Vogliamo qualcosa che ci rappresenti in pieno, che renda testimoni le persone del nostro sacrificio, vogliamo far divertire come non mai.
Lavoro o famiglia?
B: Famiglia. Ciò non vuol dire non dedicarsi al lavoro, ma donargli un fine. La cosa che mai vorremmo fare è sciupare del talento.
Quanto tempo vi porta via il vostro lavoro?
P: Dipende, è un po’ come stare in mezzo al mare. Ci sono dei periodi di bonaccia, dove non si muove una bava di vento, e dei periodi di tempesta! Devo dire che siamo stati abbastanza fortunati perché non abbiamo mai avuto accavallamenti di progetti: finito uno, ne iniziava un altro.
Ciò che si percepisce da fuori, vedendovi, è che lavorando vi divertite veramente. È vero?
P: Ovviamente. Il nostro obiettivo principale è vendere divertimento. Il nostro divertimento. Se tu non sei il primo che si diverte… Eeeh, diventa davvero dura!
Se ci pensate bene, è un po’ così per tutti i lavori!
B: Ehm, dipende da che lavoro. Divertiti un po’ tu a stare alle poste a far pagare le bollette alla gente incavolata! Per questo hanno inventato l’alcolismo!
OK, sapevo che prima o poi la situazione ci sarebbe sfuggita di mano! Torniamo seri… Come nascono i vostri personaggi?
P: Dalla droga!
Ho detto di tornare seri!
P: OK! No, nascono dalla scuola del Teatro Stabile. È difficile sopravvivere alla selezione naturale dei provini in tutta Italia, di tutti i concorsi di cabaret ai quali partecipano oramai 7000-8000 persone. Il fatto stesso di aver avuto la possibilità di emergere in mezzo a migliaia ha fatto sì che dicessimo “questo è il lavoro per me”. Quindi, da dove nascono i personaggi? Dal lavoro continuo. Dal metodo dell’actor-studio italiano, che è quello proposto dalla nostra scuola.
B: E soprattutto dalla realtà. Caratteristica peculiare dell’attore è l’osservazione. In seguito, l’imitazione. Ad esempio, Saro è un personaggio realmente esistente incontrato in un ristorantino sperduto della Calabria. Non parla esattamente nel modo in cui lo interpretiamo noi, ma Michelangelo ha fatto suo ed estremizzato ciò che gli sembrava l’aspetto più comico del personaggio, con questa parlata calabrese un pochino cupa…
P: Mmmh, fa cuosììì, nooo?! (imita Saro)
B: Sono spunti! Spunti dalla realtà! Io ad esempio ho iniziato imitando mia nonna!
Ho visto che hai anche innegabili doti di danzatore!
B: Sì, in effetti il mio più grande sogno è arrivare alla Scala! (ride, ndr) Sarebbe bello se ci fosse un regista illuminato che dentro un’opera superclassica facesse passare anche un minutino di Cip Ciap!
Parliamo del tuo personaggio, il tifoso laziale. Michelangelo, sei davvero della Lazio anche nella vita?
P: No, io sò d’aa Roma! Sono romano d’origine, cresciuto però in Umbria, e da romano umbrizzato ho vissuto lo sport un po’ più all’inglese, cioè con rispetto dell’avversario. Quando ha vinto la Lazio il campionato, sono stato contento.
Volevo riallacciarmi all’ultima polemica riguardante i tifosi Laziali nella partita Lazio-Inter… Cosa ne pensi?
P: Da Michelangelo Pulci posso dirti che è stata una cosa abbastanza vergognosa e che nulla ha a che fare con lo sport. Er Vertebra invece direbbe che hanno fatto bbene, che sse ne batte ‘e scatole e che je dispiace che aveva finito ‘e molotov quel giorno…
Una domanda che nessuno vi ha fatto mai: com’è Rossella Bescia?
B: Una persona interessante, simpatica. È emersa poco alla volta: all’inizio non era così spigliata, poi col tempo abbiamo scoperto che sapeva fare bene le imitazioni. Grande professionista nel balletto, ma nella presentazione secondo me dovrebbe dare più spazio alle prove.
Esiste, secondo voi, l’antagonismo tra comici? Inteso sottoforma di un briciolo d’invidia che dà quello spunto per voler strappare una risata in più?
P: Sì, sicuramente un po’ c’è questa cosa. A Colorado abbiamo respirato un clima tranquillo, so che a Zelig erano molto più frequenti queste piccole invidie. Ora, non dico che venissero alle mani, ma c’era un po’ di astio, qualche primadonna…
B: Io invece rispondo in maniera opposta a Michelangelo: secondo me non c’è una competizione come sarebbe normale che sia. C’è una finta complicità che solo alcuni hanno il coraggio di eliminare e vengono automaticamente esclusi dal gruppo. Mi piacerebbe che ci fosse più guerra apertamente, più concorrenza aprirebbe maggiori sviluppi creativi ma anche di mercato: se ci fosse una guerra tra comici la gente si appassionerebbe di più.
P: È un po’ specchio del mondo di oggi: l’esclusione. La televisione sta diventando questo: la gara ad eliminare uno con i reality. La formula del reality è “io sono più bravo di te, tu vai a casa”. Però poi alla fine non va a casa nessuno, ed è questo che rovina la televisione. La competizione è alla base di qualsiasi storia avvincente, perché appassiona. Funziona. Ecco perché amiamo il cinema. È più pulito, non devi vedere per forza ragazze che piangono, gente che chiama la mamma dopo quattro giorni in cui è su un’isola, persone che si annientano a vicenda.
A chi dice che Zelig offre una comicità un po’ più ricercata, mentre Colorado è demenziale, cosa rispondete?
P: Dico… Mmmai, Colorado è divertente, Colorado ci vuole la laurea perché é bello! (lo dice imitando la voce di Saro)
B: Scherzi a parte, credo sia vero. Colorado è più basato sul ritmo, è più “dentro uno, fuori l’altro”, mentre Zelig dal mio punto di vista è più lavoro e più ricerca di qualità.
Dove vi vedete da qui a vent’anni?
B: Cavolo, innanzitutto vivo! E Poi… Micky, lo diciamo insieme al tre? Uno, due, tre…
B e P: …CINEMA!

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A cura di Sara Baldelli e Nicola Angione con la collaborazione Raphael Rossi

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Nicola Angione

"Il coraggio crede nelle sfide e fotografa i dettagli dentro un’emozione. Non da mai nulla per scontato e sviluppa il suo rullino dentro il brivido istintivo di un’improvvisazione."

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